VoluptaIn questi giorni di fine anno, di letterine a Babbo Natale e di bilanci mi è capitato di incappare più volte nel concetto di piacere.

Di fronte al foglio bianco in cui scrivere i propri desideri per il 25 dicembre mi trovo un po’ impreparata, mi rendo conto che potrebbero aprirsi riflessioni lunghissime e poi devio sul materiale e metto a fuoco quelle due o tre cose che vorrei, tipo gli attrezzi per scolpire la pietra e i koshi che mi mancano.

Il dilemma più grande, però, nasce quando mia figlia, incentivata a riordinare la stanza, risponde “mamma, papà prima il piacere e poi il dovere”.

Questo non come una battuta scherzosa, ma come una verità.

Lì sorge la questione: “Come sarebbe stata la mia vita se avessi seguito questa massima e non la sua opposta?”.

La mente da brava ragioniera sfoggia il suo miglior repertorio su una vita egoista ed egoreferenziale in cui sarei stata sola a causa della mia poca propensione all’altro, del mio disordine e del non essere affidabile e devota a un progetto.

Insomma una persona che fa solo quello che vuole non si adatta bene al mondo.

Non lo so, me lo hanno sempre raccontato e io ci ho creduto e ne ho fatto una norma.

Se non fosse vero?

Se i bambini venissero educati a coltivare quello che dà loro piacere?

Non riesco nemmeno a immaginare una tale eventualità, visto che in ogni dove ci sono piccolissimi allontanati dal loro sentire tramite i monitor.

Sarebbe un mondo da inventare, un piacere dettato dal sentire della propria anima.

Una vera rivoluzione.

L’educazione mostrerebbe come rispettare il piacere altrui anche quando ostacola il proprio, aiuterebbe a surfare tra emozioni ed esperienze per comprendere quello che piace, si avrebbe un’identità forte della propria flessibilità, sentendo che ciò di cui ho bisogno e mi fa piacere adesso non equivarrà a domani.

Fatico davvero a fare spazio a questa eventualità e contemporaneamente ne sono molto affascinata.

Siamo cresciuti in terra cattolica dove il piacere è identificato con qualcosa di malvagio, terra che laicamente ha prodotto anche quel “piacer, figlio d’affanno” secondo il quale non esiste il piacere in sé, ma solo una momentanea cessazione del dolore.

Anche le antiche filosofie edonistiche, centrate sul piacere, lo identificavano con il bene morale da perseguire per lo più attraverso l’atarassia, ovvero il distacco dalle passioni.

Edonè, però, è l’incarnazione del piacere ed è una divinità di straordinaria bellezza, come si può pretendere che stia lontana dalla passione?

La passione, quel movimento che fa battere il cuore e perseverare nella realizzazione dei propri sogni. 

Edonè, Volupta per i Romani, è la figlia di Amore e Psiche e forse il segreto sta proprio nell’unione dei suoi genitori.

L’amore, unito alla mente, genera questa dea fantastica.

Un cuore che ama in apertura, che si affida a una mente consapevole.

Una mente che pensa in apertura, che si affida a un cuore amorevole.

Emerge così il mio proposito per il nuovo anno, prendere contatto con quello che mi appaga e mi fa battere il cuore, metterlo a fuoco e dargli energia.

Ti lascio qui una breve visualizzazione per incontrare Edonè e i tuoi desideri più profondi e ti auguro di cuore di poterli realizzare.