In questa fine estate voglio condividere le ultime riflessioni e pensieri arrivati dalla semina dei pomodori.
Ogni fase di questa “avventura verde” mi ha offerto spunti interessanti e sconclusionati ai quali cerco di dare un ordine, vista la molteplicità delle informazioni.
Ho raccolto una decina di frutti.
Pochi vista la quantità di piantine, ma più che sufficienti considerando i piccoli vasetti in cui sono cresciuti.
Prima conclusione: anche in natura ognuno fa del suo meglio con quello che ha a disposizione.
Dopo aver raccolto i frutti, ho visto le piante seccare.
Mi è stato detto che i pomodori sono piante annuali e quindi ho smesso di occuparmene, MA una piantina ha fatto spuntare nuove foglie verdi oltre quelle secche e ho ripreso a darle acqua.
Sono andata a verificare e ho scoperto che in natura il pomodoro cresce come pianta spontanea perenne ma che viene ormai coltivata come pianta annuale per adattarla ai vari terreni e temperature.
Seconda conclusione: verifica sempre le fonti.
Grazie a quell’unica piantina super tenace e resistente ho modificato la mia conoscenza iniziale.
Terza conclusione: esiste sempre qualcuno o qualcosa che mette in discussione l’ordine apparente.
Da qui è partita tutta una serie di considerazioni sul potere personale, sull’adattamento e sulla capacità di spingersi oltre.
Contemporaneamente ho avuto l’occasione di guardare “14 Peaks: Nothing is impossible” in cui si narra l’impresa straordinaria di Nirmal Purja che ha scalato le 14 vette più alte del mondo sopra gli 8000 metri in meno di sette mesi.
Molto interessante.
I miei pensieri vanno ai pilastri di un certo tipo di coaching ed empowerment che lavora sull’autostima, sul potere personale, sui pensieri positivi e sulla rimozione dei limiti.
Non mi convince. Non è solo questo, altrimenti avremmo sicuramente un altro mondo davanti ai nostri occhi.
Nella concatenazione di eventi solo apparentemente casuali partecipo a una giornata di costellazioni familiari in cui viene detto a un kapo nazista “anche tu sei agito”.
Inizialmente non lo accetto, sento rabbia e mi viene da dire “troppo comodo, così” e poi ripenso a tutte quelle volte in cui i miei figli mi portano nel buco nero delle urla.
Cognitivamente so un sacco di cose, che non fanno bene né a loro né a me, che sono inutili, che bloccano la comunicazione… bla bla bla.
Io sono agita in quel momento, sento davvero di essere “posseduta” da una forza che non controllo e dopo mi fa sentire terribilmente in colpa, ma nel durante ha bisogno di essere.
“Troppo comodo, così”.
Forse sì.
O forse fa parte del percorso.
Non passa urlata senza che io cerchi un senso a questo e così ritorna me Carl Rogers e il suo libro “Potere personale. La forza interiore e il suo effetto rivoluzionario” in cui ci si spoglia da tutte quelle frasi fatte di self empowerment e si viene esortati a guardarsi allo specchio e a stare lì, con tutto quello che lo specchio rimanda per prendere contatto con i propri sentimenti e per imparare a esprimerli.
Di fronte a questo specchio non importa più se agisco o sono agita, perché esistono entrambe le situazioni, importa piuttosto chiedersi “come posso affrontare la vita in modo costruttivo?” e le fondamenta di questo percorso sono senza dubbio l’autenticità, l’accettazione della realtà e l’essere se stessi senza maschera.
A questo aggiungerei anche una esplorazione del proprio albero genealogico, perché noi siamo il frutto di esperienze, dolori e gioie passate e che continuano a vibrare nel presente e ci condizionano.
Guardiamoci e guardiamo in faccia i nostri antenati, facciamo loro un posto e continuiamo a germogliare sul terreno della vita.
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Se hai voglia di metterti in gioco chiudi gli occhi, prendi contatto con il tuo respiro e inizia a visualizzare quello che ritieni essere il tuo peggiore difetto e il tuo miglior pregio.
Rimani qualche minuto ad osservarli, sospendendo ogni giudizio.
Cosa accede?
Si relazionano tra di loro o si ignorano?
Congedati lentamente da questa immagine, prendi un foglio A4 e inizia a mettere su carta un dialogo tra queste due parti di te.
Cosa si dicono?
Per condividere con me questa esperienza, scrivimi a info@claudiaclerici.it, sarò ben contenta di leggerti.
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