La mia esperienza con la semina e la crescita dei pomodori prosegue, mi affascina e mi fa riflettere.
Nei supermercati i prodotti sono perfetti e hanno tutti le stesse dimensioni.
In qualche modo il cervello immagazzina questa informazione e tende a credere alla serialità.
Invece no.
Tutte le piantine nella foto sono state seminate lo stesso giorno: alcune sono basse, altre medie e altre alte, alcuni semi non sono proprio sbocciati e altri hanno messo fuori qualche millimetro di testolina poi sono diventati secchi e si sono persi nuovamente nella terra.
Mi chiedo chi tra queste darà frutto: magari la spilungona si stancherà di crescere e la bassina sarà molto abbondante.
Chi lo sa…
La natura è davvero una grande maestra e forse le derive omologanti di questa società sono state raggiunte proprio perché la natura è relegata a qualche bella foto su Instagram, “Sì, ma senza sporcarsi troppo”.
La natura non giudica.
In queste settimane ho letto alcuni post e articoli che parlano dell’individualità e della necessità di avere presenti le specificità di ogni individuo nel processo educativo.
Sono totalmente d’accordo e sottolineo che la questione è molto ampia, è sociale e anche economica.
Vogliamo che i genitori rispettino le specificità del figlio, ma fin dalla prima ecografia cataloghiamo il nascituro in trend di crescita che lo vogliono “nella media” per non destare allarmismi e interventi preventivi, proseguiamo poi con il corretto modo di allattare, di svezzare e anche di crescita, perché “Attenzione ai percentili!”.
E che dire dei prodotti migliori? Creme, omogeneizzati, ovetti, fasce, marsupi, passeggini, magliettine con loghi alla moda.
Molto intorno a noi è omologazione.
Anche il genitore è omologato, è bene che faccia fare certe attività al cucciolo o certe scuole al bambino perché chissà poi che ne sarà di lui un domani.
E dove finisce l’unicità, il modo di esprimersi, di fare esperienza, di sbagliare e di rialzarsi?
L’errore non è permesso.
Il pomodoro che non rientra nelle dimensioni giuste non viene venduto.
E dunque come uscirne?
Semplicemente stando, avendo coscienza dei meccanismi in atto, mettendo in discussione quello che dicono presunti esperti e sviluppando attenzione alle emozioni personali.
Essere uguale agli altri in certi momenti della vita aiuta e sostiene.
Non è il male a priori.
L’importante è rendersi conto di come si sta quando si è omologati nel gruppo e di come ci si sente manifestando la propria unicità.
Cosa si muove in te?
Ti va bene così o vorresti che fosse diverso?
Osserva, agisci, cambia, sbaglia, torna sui tuoi passi e devia di nuovo.
E con i figli, i bambini, i giovani condividi questo processo, mostra come agisce anche negli adulti, parla con loro della loro unicità e di come a volte certe caratteristiche personali proprio non vanno a genio e altre ci si sente unici e meravigliosi.
Sostenili nello svincolarsi dal giudizio altrui, ma soprattutto da quello verso se stessi.
E lo stesso fai con te e chiediti quanto influisce nel tuo quotidiano il pensiero altrui e quanto l’immagine che hai consolidato di te.
Si è sempre molto di più di quello che si immagina.
Per chi ha bambini piccoli suggerisco un bel libro di Federica Scalona e Federica Gargiulo intitolato “(Forse) Greta”, edito da Saremo Alberi.
Le autrici parlano degli appellativi e dei giudizi che tanto facilmente vengono dati ai bambini e che poi, aggiungo io, continuano a girare nella testa anche da adulti, a volte in maniera pesante.
Da loro riprendo un esercizio molto interessante: fare il proprio autoritratto allo specchio.
Cosa vedi?
Cosa imprimi su carta?
Cosa valorizzi e cosa censuri?
Soprattutto: cosa scegli di essere?
Buona pratica e se vuoi il pdf dello specchio, hai dubbi, domande o voglia di condividere mi trovi qui: info@claudiaclerici.it.
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